tutto quello che so su dolly alderton

Soffro di una malattia (contagiosa) che mi porta a desiderare un libro solo per la copertina. Potrei comprare la peggio lista della spesa se avesse il font giusto e i colori abbinati bene. E’ quindi probabile che, se @adelphifighetti pubblicasse dei libri, li avrei sfogliati in libreria tutta presa e solo in un secondo momento mi sarei resa conto di cosa avessi effettivamente tra le mani. Per una persona normale mi rendo conto non faccia la minima differenza, ma per me c’è qualcosa che disincentiva l’entusiasmo nel prendere una copertina con una bruttissima foto o un font esoso non giustificato… deve esserci ordine tra le parti. In più l’abbinamento titolo+progetto grafico deve essere equilibrato e seducente, tanto da farti leggere la quarta di copertina senza nemmeno rendertene conto.

Ultimamente sto peggiorando e mi prendo cotte insensate per prodotti dell’editoria britannica, principalmente per gli abbinamenti tra colori sgargianti e font accattivanti, che in Italia ci sogniamo e basta. Inutile dire che ci ho messo meno di due secondi per prendermi bene per la copertina di Tutto quello che so su i party, gli amici, il lavoro, la vita, l’amore.*

Credo che la cosa più catchy stia nel fatto che la copertina è bella, ma il titolo è perfetto. Commentiamo un attimo… shall we? Innanzitutto titolo lungo (cosa che adoro), composto da una lista (cosa che adoro x 2), che preannuncia argomenti generali ma vagamente e potenzialmente in linea con la vita di una ventenne (quale io sono). Il fatto di barrare tutti i temi eccetto l’amore dà già una certa idea sul contenuto, come per indicare tutto quello a cui la protagonista è venuta a capo, con una sola eccezione, e crea curiosità. Il libro è, di fatto, un memoir che analizza i vent’anni, quindi gli diamo un 9 per tutto quello che dice a colpo d’occhio (e poi anche perché davvero non riuscivo a smettere di gongolare mentre lo stavo leggendo ed è tutt’ora sul mio comodino in mancanza di un libro più bello nei dintorni).

Dopo tutta questa premessa fatiscente vi immagino lì a pensare <e quindi? lo leggo?>, ma non ve l’hanno mai detto che non bisogna giudicare un libro dalla copertina? Non ve lo ripetono almeno dieci volte l’anno? Imparate dai miei errori. Okay, così mi sembra di distruggerlo senza pietà, quindi procediamo con ordine.

Il libro è appunto un memoir di una ragazza londinese, Dolly Alderton, 1.83, vegetariana, tra poco trentacinquenne (auguri!), che in passato ha lavorato come autrice per la tv e giornalista. Dolly ripercorre i momenti più importanti della sua vita a partire da quando è diventata adolescente fino al 2018 circa, quando aveva appena compiuto trent’anni. Non essendo lei famosa, non essendo questa una biografia di Taylor Swift o Zoella, il punto di forza su cui i suoi editori hanno fatto leva è stato vendere la storia come un coming-of-age in cui le millennials si potessero rispecchiare, una storia al contempo unica e universale, con un tocco di ironia e il giusto numero di riferimenti pop per esclamare regolarmente <oddio, eravamo proprio così!>. Sarà che non sono una millennials, ma le cose in cui mi sono riconosciuta si possono davvero contare sulle dita di una mano.

[COSE IN CUI MI SONO RICONOSCIUTA:

  1. CAPITOLI-LISTA
  2. QUALCOSA DEL CAPITOLO SULLA RELAZIONE CON IL SUO CORPO
  3. VIVERE CON/VICINO ALLE PERSONE CHE AMI
  4. RIFLESSIONI INIZIALI SULLE SUE AMICHE CHE SI FIDANZANO]

Per come si pone il libro il fatto di non essere millennials non sembra essere così rilevante, se non forse in un paragrafo finale in cui attacca la Gen-Z (stra a caso). L’idea, in linea generale, è quella di seguire l’articolato percorso di una ragazza verso l’età adulta e, per quanto ci siano degli aspetti che riguardano un preciso contesto socioculturale, rimane abbastanza sul generale, senza escludere un lettore più giovane/ancora ventenne.

In realtà credo che i motivi per cui io e Dolly non abbiamo legato siano due: alle feste siamo persone opposte e la sua analisi di se stessa corre troppo in alcuni momenti e troppo poco in altri. La seconda è quella che potenzialmente potrebbe rovinarvi la lettura, che io ho trovato abbastanza disorganizzata. Per quanto segua alcuni nuclei centrali, non sono quelli che ti aspetti dal titolo, o solo in parte hanno l’importanza che sembrava avrebbero avuto (si fanno pochissimi accenni al lavoro, per esempio). A un certo punto inizia ad andare in terapia e snocciolare un sacco di considerazioni su se stessa, ma si tratta di aspetti che sembrano non coincidere con le idee che aveva condiviso prima. Tutte le sue relazioni amorose mi erano sembrate abbastanza diverse rispetto a come poi insiste ad analizzarle, per dirne una. Tra l’altro quando comincia ad andare in terapia il libro diventa una raccolta di frasi scontate alle sue amiche in ogni tipo di situazione e lei si prende una cotta assurda per uno che si vede lontano un kilometro quanto non ci stia… quindi io rivedrei per lo meno la scelta della terapista, Dolly.

Il potenziale c’è, altrimenti non me lo sarei letta in due giorni e mezzo, però ci sono troppi aspetti abbozzati. Le amiche, ad eccezione di Farly, sono delineate tanto quanto una lampada sullo sfondo (e anche Farly è descritta in opposizione a Dolly, in modo un po’ banale). Se superate le prime quaranta pagine (in cui per me fa un po’ la spaccona) e balzate le ultime quaranta (quando comincia a tirare le somme con frasi come <Se ti piace la sensazione di essere nuda e hai soldi da spendere, depilati tutto l’anno. Ma non farlo mai per un uomo.>), in mezzo ci sono molti punti divertenti e credo che lì sia un memoir riuscito. Quando non si impegna troppo a raccontare, ma si lascia un po’ andare al ricordo di un assurdo viaggio notturno o un matrimonio in cui tutto è andato storto, non ti vuole dimostrare nulla e funziona di più.

Se siete anche voi finite in quarantena all’inizio di luglio è un libro piacevole per passare il tempo, ma ce ne sono altri che potrebbero prendervi molto di più (esempio). Io voglio ampliare la mia sezione della libreria giovani-autrici-anglofone-parlano-del-diventare-adulte per cui se avete altri titoli sono tutta orecchie. E’ un sottogenere che potenzialmente mi prende molto, ma credo di aver bisogno di qualcosa un po’ più organizzato di così, un po’ più spensierato e, per favore, niente frasi che sembrano uscite da Freeda.

C

*Comunque ditemi che non sono l’unica che si è accorta di quella leggera discrepanza tra il titolo in italiano e quello originale, perché sono un filo in disaccordo. Suonava bene anche Tutto quello che so sulle feste, gli appuntamenti, gli amici, il lavoro, la vita, l’amore, no?