analisi del film ‘Emma.’ (2020, Autumn de Wilde)

‘Emma.’ è un riadattamento dell’omonimo romanzo di Jane Austen, già oggetto di diversi film, tra cui il super famoso ‘Clueless’ e una versione con protagonista Gwyneth Paltrow. La storia è quella di Emma Woodhouse, giovane aristocratica che vive con il padre in un’elegante casa di campagna e non ha grandi svaghi, se non quello di tramare fidanzamenti per le sue amiche, cosa che crede essere il suo più grande talento.

Dopo il felice matrimonio della sua governante, Emma decide che troverà una sistemazione anche per la sua nuova amica Harriet, una ragazza dolcissima, che come debuttante ha il gravoso problema di un padre ignoto. Una serie di ragioni fanno credere a Emma che la sua amica potrebbe ambire a un buon matrimonio con Mr. Elton, il vicario del loro villaggio. Così le fa rifiutare la proposta di un altro spasimante meno abbiente (di cui Harriet è cottissima) e incoraggia il suo interesse per il prete. Tutto ciò nonostante Mr. Knightley, vicino di casa e carissimo amico di Emma, si fosse speso per aiutare l’altro spasimante a fare la proposta ad Harriet e parlando con Mr. Elton avesse avuto modo di capire che non era interessato all’unione che Emma prospettava per lui.

La trama è fittissima e ci sono molti altri personaggi, Emma gioca con tutti come se avesse a che fare con una casa delle bambole: vive in questa bolla, costituita dal suo villaggio, e non ha l’ambizione di uscire per andare da qualche altra parte, perché rimanere lì e tramare e orchestrare le vite di quelli che le stanno intorno la fa sentire potente e superiore. L’unico che le tiene testa e vorrebbe che utilizzasse le sue doti in modo meno superbo è Mr. Knightley, per il resto Emma agisce indisturbata, con addirittura la più profonda ammirazione e venerazione di Harriet, che pende dalle sue labbra.

La versione di Autumn de Wilde racconta un anno della vita di Emma, seguendo il corso delle stagioni e forse, non a caso, comincia proprio con l’autunno. Di fatto questa costruzione divide la trama in quattro atti, come uno spettacolo teatrale, ed enfatizza le peculiarità di ogni stagione, che sono fondamentali per i costumi e la caratterizzazione dei personaggi ad essi legata. Lo stile di ognuno è infatti molto personale e, secondo quanto riportato dalla costume designer, nel caso di Emma, ape regina della storia, il modo migliore per mostrarlo era farle indossare l’abito perfetto per ogni evento, ogni giorno, in ogni stagione. Ogni stagione è associata a una specifica palette di colori, in modo tale che il cambiamento a livello temporale implichi anche quello degli abiti e sottolinei come Emma imponga se stessa in molti modi sottili nella storia.

La costume designer Alexandra Byrne (premio Oscar 2007 per i costumi di ‘Elisabeth: The Golden Age’) ha creato una serie di pezzi incredibilmente accurati dal punto di vista storico, che si ispirano a quadri e immagini delle prime riviste di moda, nate proprio nell’epoca georgiana in cui è ambientato il film. Harriet, per esempio, vive in un orfanotrofio e ha una sorta di divisa, caratterizzata da un mantello rosso, storicamente documentata. Nel corso della storia più si lega a Emma, più inizia ad assorbire il suo stile, seguendo la moda dell’epoca, esplicitando con gli abiti il rapporto (anche di potere) fra loro.

I costumi fanno percepire, cosa confermata da Anya Taylor-Joy che ha interpretato la protagonista, che gli abiti sono stati fondamentali per aiutare gli attori a creare i personaggi. Questo è chiaro e centrale per Emma, che è una persona molto sicura di sè, consapevole che un certo abito le doni e capace di metterlo impercettibilmente in mostra. Per esempio, nella scena in cui fa un ritratto di Harriet per attirare sull’amica l’attenzione di Mr. Elton, pur volendo mettere in luce l’altra, è chiaro che comunque è lei il centro di tutto, perché il vicario cerca di non guardare lo scollo del suo vestito, che è sottilmente accentuato da una sorta di collarino che indossa.

Uno dei punti di forza di questo lavoro è che tutti i dipartimenti hanno collaborato tra loro, dando vita a un risultato armonioso e coeso. A prova di ciò vi sono i costumi di alcuni personaggi, come quelli di Mrs. Elton, che sono stati studiati con il set per restituire allo spettatore l’idea di chi fosse estraneo a un determinato ambiente e chi no. Questo è particolarmente evidente quando Mrs. Elton va a trovare Emma e suo padre nella loro dimora, perché il suo vestito arancione spicca rispetto all’arredamento e ai vestiti degli altri.

A proposito della dimora del padre di Emma è giusto spendere alcune parole a riguardo: è stata cercata una casa che non fosse mai stata usata per un film e che fosse di età georgiana. Per la regista era fondamentale che tutto fosse storicamente preciso, per cui gli ambienti sono stati arredati in modo meticoloso, restituendo loro, per esempio, i colori originali delle pareti, che non si vedono quasi mai nei film in costume di quest’epoca. Inoltre la dimora doveva essere una sorta di casa delle bambole in cui la protagonista architettava tutte le sue trame, per cui ogni stanza è creata sotto questa direttiva, con un colore specifico sempre più acceso (il soggiorno è verde pastello, le scale quasi azzurro acceso, ecc).

Cosa interessante: il modo in cui vengono ritrarre le case di Emma e Mr. Knightley le fa sembrare proprietà confinanti, anche perché nella storia i loro proprietari sono vicini di casa e si frequentano molto anche per questa ragione. Nella realtà distano circa 86 miglia l’una dall’altra e per di più quella di Mr. Knightley è celebre per aver ospitato le produzioni di ‘The Crown’ e di ‘Orgoglio e Pregiudizio’ (2005), che tra l’altro condivide con ‘Emma.’ una scena in cui si fa un tour della casa (coincidenze?). Le passeggiate di Knightley da una casa all’altra annullano la distanza reale e restituiscono quell’idea di familiarità tra i personaggi, oltre che una peculiarità del carattere di lui, che è modesto e non ostenta il suo status come fa Emma recandosi da lei in carrozza.

Le sue passeggiate sono anche un perfetto esempio dei bellissimi paesaggi scelti, che ci indirizzano al tema della natura rappresentata. La natura è brillantemente usata come metafora, per esempio attraverso una precisa scelta dei fiori nella serra, in modo tale che, quando Emma flirta con Churchill, si ritrovi a raccogliere ranuncoli, rose e gelsomino, comunemente legati alla sfera amorosa. Come si è detto, ogni cosa nel film di Autumn è meticolosamente verificata a livello storico (addirittura la razza delle pecore che si vedono pascolare qua e là), quindi non sorprende che lo sia anche la reperibilità dei fiori in una certa stagione e i paesaggi, per restituire una visione quanto più vicina a quella che doveva avere in mente Jane Austen. Di fatto, il villaggio dove i personaggi fanno compere e passeggiano è poco lontano dai luoghi pensati originariamente dalla scrittrice. A questo si aggiunge il fatto che la regista sia una fotografa e abbia questo sguardo incredibilmente artistico, che rende ogni inquadratura un piccolo quadro; se negli interni questo si realizza in inquadrature simmetriche, per gli esterni l’occhio si perde nella profondità di campo.

Orgoglio e pregiudizio (2005) scena a Wilton House, Salisbury
Emma. (2020) scena a Wilton House, Salisbury

Uno degli elementi più caratterizzanti del film è la musica, che restituisce benissimo lo spirito di alcuni momenti. La colonna sonora è in parte composta appositamente e in parte ripresa da quelli che erano gli ascolti all’epoca (Beethoven e Hayden, ma anche alcuni brani della tradizione folkloristica). Nel primo caso è stata scritta su misura per alcuni personaggi, che possono avere un tema specifico che si evolve con loro o strumenti che li rappresentino come negli spaghetti western. Nel secondo caso invece, si è ripresa la grande passione di Jane Austen per la musica folkloristica e alcuni brani che ne hanno ispirati altri di folk rock, caro alla regista (Autumn prima di questo lavoro ha fotografato e vissuto profondamente l’ambiente del rock e questo è ritrovabile in molti dettagli).

La parte originale della colonna sonora è stata composta da Isobelle Waller-Bridge, sorella di Phoebe, che aveva collaborato a ‘Fleabag’ ed era stata notata proprio per questo dalla regista, colpita dal ‘musical sense of humor’ della serie, soprattutto nella seconda stagione. Lavorando insieme hanno sviluppato dei temi secondo l’idea che il direttore d’orchestra stesse in qualche modo litigando con la protagonista del film e inoltre giocando con le tonalità delle voci degli attori, che sono state riproposte con degli strumenti musicali. La compositrice ha sottolineato come ci siano un ritmo e una musicalità nella composizione delle scene di Autumn, che hanno contribuito in modo decisivo alla creazione delle musiche, le quali si sono trovate a seguire i movimenti dei personaggi e accompagnarli.

Tutti gli aspetti visti in precedenza sono la solida base su cui si appoggia la storia, e per quanto essa sia distante dalla nostra quotidianità, in quanto risalente a più di duecento anni fa, è innegabile che ci parli direttamente in molti punti. Questo perché il fatto che il contesto e l’ambientazione siano così distanti da noi, non significa necessariamente che lo siano anche i personaggi. Emma è difficile da amare alla prima inquadratura, ma sta proprio lì parte della grandezza della storia, nell’avere un antieroe come protagonista. Il soggetto del film è la giovinezza, una giovinezza macchiata di hybris, che in ultima analisi si ritrova a vivere molti momenti che potrebbero capitare anche a uno spettatore. Ci sono una serie di situazioni topiche nella storia, che ne fanno un racconto senza tempo, in cui tutti possono immedesimarsi.

Banalmente a tutti è successo almeno una volta di trovarsi a una festa in cui qualcuno abbia detto qualcosa di rude creando l’imbarazzo generale, oppure di capire di essere innamorati del proprio migliore amico; Autumn de Wilde è partita da episodi che ha vissuto sulla sua pelle come questi, e ne ha tirato fuori alcune delle scene più riuscite della pellicola. La vita della regista è nascosta in grandi e piccoli momenti, come il naso sanguinante di Emma, aggiunto allo script per umanizzare il personaggio, ma anche perché spesso accade ad Autumn stessa.

E’ facile ritrovarsi nei personaggi del film, perché questa versione si è concentrata molto di più su alcune dinamiche, una fra tutte la relazione tra Harriet ed Emma, in una prospettiva di crescita. All’inizio del film Harriet è la nuova bambola di Emma, che la indirizza verso una scelta piuttosto che un’altra a suo piacimento. Più la storia prosegue, più Emma vede i suoi piani per Harriet sfumare e si ritrova con un’amica sconsolata e disillusa circa le sue prospettive matrimoniali. Questo non la cambia, perché comunque rimane fedele a se stessa, ma la fa crescere e la rende più umile e contemporaneamente fa maturare anche la sua migliore amica, rendendola per esempio capace di farsi valere di più quando parla con Emma.

I personaggi sono giovani e come tali si comportano: cambiano opinione l’uno sull’altro nel corso del tempo, talvolta sono irragionevoli, talvolta sono ingenui e soprattutto hanno quell’energia, quegli sguardi, che sono riassunti benissimo nella scena del ballo, per cui tutti parlano con gli occhi. Come ogni film in costume che si rispetti il ballo è usato come momento di incontro e contatto, perché storicamente era l’unico momento in cui le persone potevano essere così vicine, fisiche e vive. E’ anche una metafora del punto di vista di Emma, la quale ricerca senza successo la complicità di Churchill per poi ritrovarsi (letteralmente appunto, grazie al ballo) nelle braccia di Knightley.

Il cast molto giovane e molto bravo rende bene le sfumature, e soprattutto la familiarità o il distacco che si crea in un momento piuttosto che in un altro. Uno degli attori migliori è Johnny Flynn, che interpreta Knightley, personaggio che fin dalla prima scena in cui compare è chiaro sarà speciale. Infatti in quella prima scena Autumn de Wilde ha voluto mostrare come venivano vestiti gli aristocratici e come lui ed Emma avessero gli stessi abiti di base. Per cui Knightley viene vestito dai suoi domestici, invertendo il topos tradizionale dei film in costume che prevede la vestizione di una donna.

Il suo è un personaggio che veste sin da subito abiti diversi da quelli che siamo abituati a vedere per la mascolinità: è legato ad Emma e litiga con lei solo in funzione del fatto che vorrebbe che fosse più matura; in più c’è una dolcezza di fondo nel suo carattere, che probabilmente è di famiglia, perché nella scena finale sia lui che il fratello si commuovono e versano qualche lacrima al matrimonio. Questi dettagli e molti altri delineano una visione diversa di mascolinità, che rientra sempre in quell’ottica di familiarità che la pellicola crea scena dopo scena.

Una familiarità che trova la sua forza anche in quella che mi piace definire ‘componente realistica’ che trapela più volte nella narrazione: quando Emma si alza la gonna per scaldarsi davanti al camino, quando Miss Martin ha l’orlo del vestito bagnato per la pioggia, quando le pecore stanno pascolando davanti alle case o quando qualcuno mangia troppo velocemente a tavola. Tutti questi piccoli dettagli danno come una linfa vitale ai personaggi e ce li rendono amici. Sono stati usati tra l’altro sapientemente per far trapelare la vena comica dalla storia e non imporla rigidamente dall’esterno.

Autumn de Wilde ha ricostruito questo mondo in modo dettagliato e l’ha riempito di una giovinezza sincera, l’ha fatto con passione e con affetto verso la storia e i suoi personaggi. Se Jane Austen vedesse il film non potrebbe fare altro che confermare che si tratti della trasposizione definitiva della storia (non a caso nel titolo c’è un punto)… poi probabilmente si farebbe un piantino anche lei per il finale.

Costanza Rossi

FONTI: costume design https://fashionista.com/2020/02/emma-movie-autumn-de-wilde-interview-costumes + analisi dei costumi e della loro accuratezza storica https://youtu.be/SKzM9ZM2eHY & https://youtu.be/KAo8ehvkom4 + interviste a Alexandra Byrne https://youtu.be/k349Gpdjlnc & https://youtu.be/99JheEU7OsQ

set design https://www.architecturaldigest.com/story/emma-set-design + locations https://www.visitbritain.com/gb/en/where-to-see-emma-filming-locations + importanza dei fiori nella trasposizione https://www.tatler.com/article/floristry-in-film-emma

intervista alla compositrice Isobel Waller-Bridge https://www.focusfeatures.com/article/interview_composer_isobel-waller-bridge/ + intervista al cast e alle set designer direttamente sul set https://youtu.be/UwbrG89Uwkk + intervista regista e attrice principale https://youtu.be/QyDhhwDq-S4 + il personaggio di Harriet e ‘Clueless’ secondo Autumn de Wild https://www.indiewire.com/2020/02/emma-director-autumn-de-wilde-jane-austen-interview-1202212448/

perché c’è il punto nel titolo https://www.bbcamerica.com/blogs/emma-director-autumn-de-wilde-explains-why-there-is-a-period-at-the-end-of-the-movie-title–16722 + prima sequenza del film https://www.artofthetitle.com/title/emma-2020/

venezia 78. titoli di coda

Non ho ancora realizzato il momento esatto, ma ad un certo punto è finito tutto. Forse è accaduto sul vaporetto per andare in stazione, forse mentre mettevo i vestiti in valigia o forse addirittura già dopo l’ultimo film… ad ogni modo è finito. Le persone hanno cominciato ad andarsene, a svuotare i posti che fino a poche ore prima pululavano di voci, e gli schermi si sono spenti.

Una parte di me vorrebbe che la Mostra durasse un anno intero, anzi, perché dire una parte soltanto? Ogni parte di me vorrebbe vedere cinque film al giorno. Un giorno di aprile l’avevo fatto, ma al Lido era la normalità (tra l’altro, per la cronaca, ad aprile avevo guardato: Tomboy, Vagabond, La boum, Le meraviglie, La boum 2, Racconto d’autunno… per me è un gruppo fortissimo, quindi ci tenevo a dirvelo).

Ero stata al Lido solo due volte, ma avevo visto il Lido-spiaggia, quindi era come non esserci mai stata. Durante la Mostra la spiaggia l’ho vista solo una volta, per il resto ho girovagato in un posto nuovo e ho scoperto tantissimi angoli meritevoli… uno su tutti: quello che ospita un bus inglese a due piani che è stato convertito in una sorta di food truck, dove fanno panini buonissimi (penso di poter parlare anche a nome di Em dicendo che era il nostro posto preferito per cenare).

Forse senza la Mostra il Lido mi sarebbe piaciuto in modo generico, come ti piacciono quei posti di mare per le vacanze con l’aria salata e la sabbia sui marciapiedi, invece la combo cinema + mare di sottofondo, appena visibile oltre il muro di cinta, mi ha conquistata. Non si può dire che sappia di Venezia, perché da fuorisede che studia in laguna posso dire che in dieci giorni al Lido non c’era il numero di gabbiani e di canali sufficiente per poter dire che ero Venezia, ma capisco che agli attori facciano fare il giro in motoscafo e quello basti per farli sentire Katharine Hepburn in Tempo d’Estate.

Quando prima di partire volevo riscrivere l’articolo ‘What’s so special about the Venice Film Festival’ mi immaginavo un’esperienze diversa, forse con meno film, anzi decisamente con meno film. Ora che sono tornata e sono seduta sullo stesso divano su cui ho scritto delle mie aspettative, mi rendo conto che avevo un’idea vaga, rispetto al cuore della faccenda: i film.

Invece i film erano proprio il punto… i film e le persone. I giorni passavano e non si può dire che io abbia conosciuto tantissime persone, ma la loro semplice presenza, il loro semplice parlottare in fila davanti a una sala, mi faceva sentire nel posto giusto. I film erano bellissimi, davvero, quelli che non mi hanno convinta per niente si possono contare sulle dita di una mano… una selezione splendida. In più c’era tutto questo gruppo di persone che proiettavano con me la loro mente allo schermo, alla storia. Ogni tanto mi giravo nella semioscurità della sala (come Amelie!) e li guardavo mentre guardavano e mi rivedevo nelle loro posizioni, nelle loro espressioni e pensavo che eravamo un gruppo di affini. Magari non lo eravamo, però con i volti illuminati solo dalle immagini dello schermo mi sembrava di sì.

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venezia 78. riepilogo prima settimana

Io ed Em abbiamo già perso la concezione del tempo ed è due notti che non sogno più, perché è come se sognassi per diverse ore ogni giorno. Le nostre menti rielaborano così tanti contenuti, che siamo in continuo fermento e spesso, mentre siamo in coda per un film, analizziamo gli ultimi visti saltando in modo scomposto dall’uno all’altro.

I nostri quaderni sono pieni di appunti e orari a cui dobbiamo vedere questo o quello; mentre noi talvolta ci separiamo e talvolta ci ritroviamo intorno al palazzo del casinò, sul prato o vicino al red carpet. Il tutto è molto elettrizzante ad essere sincera: potrei vivere così ogni singolo giorno che mi resta nella vita.

Sento che la mia mente in un certo senso sta sfamando tutto il mio corpo, riempiendolo di immagini e parole (e talvolta lacrime), sia metaforicamente sia letteralmente… o almeno mi è piaciuto pensarlo ieri a cena quando mi sono imposta di mangiare del couscous, anche se non avevo fame, giusto perché non avevo mangiato nulla dalla mattina.

La domanda che mi fanno tutti è che attori ho visto, quindi fatemi dire che mentre uscivo da una sala dietro al red carpet c’era Timotheé Chalamet che correva verso un’orda di fan urlanti e fatemi aggiungere che ci sono rimasta male per Zendaya, che è rimasta in coda al cast di Dune, mentre tutti urlavano solo il nome del protagonista (how dare you!).

Em probabilmente vi direbbe anche Oscar Isaac, perché in questi giorni era prezzemolo. Più che gli attori però, mi interessano i film e soprattutto i registi, con cui talvolta abbiamo occasione di parlare, perché sono loro che ci danno gli spunti più interessanti su cui riflettere. Per esempio proprio l’altro ieri ho avuto una bellissima conversazione sulla spiritualità con il regista di ‘Karmalink’, Jake Wachtel, che si era appostato fuori dalla sale dove ridavano il suo film per sentire le opinioni di chi l’aveva appena visto (film pazzesco tra parentesi).

Le nostre giornate sono ore di film e altre ore di noi che parliamo di film. Li analizziamo minuziosamente: un personaggio alla volta, una sequenza alla volta. Per ora il nostro preferito è ‘The power of the dog’ di Jane Campion, ma rimando a più tardi una spiegazione approfondita del perchè… potrebbe volerci un bel po’ a stenderla.

A stamattina i film visti sono 28, di cui 10 cortometraggi (specifico per rassicurarvi) e se volete anche voi fare un po’ finta di essere al Lido con noi potete sempre andare al cinema a vedere ‘Mondocane’ con Alessandro Borghi (visto ieri, merita tanto).

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