fight club – riflessione

Ieri sera ho rivisto Fight Club di Fincher e devo fissare delle idee, per cui rompo momentaneamente il silenzio sul sito causa lavoro-Natale-sessione, perché devo togliermele dalla testa o non riuscirò a studiare linguistica. Premetto che sono mie riflessioni sul film, quindi non per forza come Fincher o Palahniuk lo abbiano concepito.

Il protagonista è diviso in due: da una parte c’è il Narratore o Edward Norton, che chiamerò forma conforme, dall’altra, Tyler o Brad Pitt, forma difforme. La scelta dei due termini è presto spiegata: all’inizio si vede solo la parte conforme dell’uomo, una persona con un lavoro, una casa e una vita un po’ solitaria. Il lavoro rientra nel ramo assicurativo di una grande compagnia automobilistica, per cui lui deve applicare una formula data, per calcolare quanto sia conveniente ritirare un certo modello di auto dal mercato, nel momento in cui sia difettoso. La forma conforme fa quello che ci si aspetta da lui, senza opporsi ai suoi datori di lavoro e più in generale alla società, ma ha un problema: non riesce a dormire. Sia di giorno che di notte non è ‘mai completamente sveglio e mai completamente addormentato’, in uno stato di perenne insonnia.

Questa sua perenne insonnia riflette il suo essere conformista/passivo a un livello tale per cui non ha più un ritmo di vita suo, scandito dal sonno (bisogno biologico dell’individuo).

La forma conforme riesce a recuperare il sonno, iniziando a partecipare a dei gruppi di sostegno per persone con malattie incurabili. In questi gruppi, che frequenta giornalmente, entra in contatto con le sofferenze più profonde e la morte, limitandosi a partecipare in silenzio (cosa che spesso viene percepita dagli altri come una sofferenza indicibile). Di fatto ancora una volta rimane passivo, trova come uno stato contemplativo che gli permette di trovare un po’ di pace e tornare a dormire.

Tutto va alla grande, se non fosse che arriva Marla, un’altra imbrogliona dei gruppi di sostegno, che partecipa senza problemi anche alla serata per gli uomini con il tumore ai testicoli, la più produttiva per il Narratore in termini di sonno. Lui la odia, perché è uno specchio in cui si riflettono le sue bugie, ma allo stesso tempo non può che esserne affascinato, chiedendosi come mai anche lei sia lì. Quando si conoscono Marla è sfuggente e del tutto disinteressata al Narratore, mentre in seguito i ruoli si ribalteranno.

Il ribaltamento avviene per l’arrivo della forma difforme, che nella prima parte del film è come un glitch che compare sullo schermo all’improvviso, per un istante. Più la parte conforme soffre, più la parte difforme si materializza, dando vita al lato più violento dell’uomo, che preferisce vivere il dolore piuttosto che contemplarlo. Tyler lavora in proprio, vive in una casa squallida, in modo illegale, non ha paura di avvicinare Marla e, in generale, ha un’enorme libertà di azione.

Il passaggio tra le due forme avviene su un aereo e una volta atterrati non è più Edward Norton al comando dell’individuo, ma Brad Pitt. La testa dell’individuo, per dare un senso al cambiamento, si convince che si tratta di una collaborazione tra le parti, in cui gli individui hanno lo stesso peso e creano insieme il Fight Club. Anche quello nasce il giorno in cui c’è il passaggio: se Tyler libera l’individuo mentalmente, il Club lo libera fisicamente. Il Fight Club rappresenta un ‘alter ego’ del gruppo di sostegno per il tumore ai testicoli: il primo ha un modello di mascolinità estrema, il secondo, al contrario, mette in dubbio la mascolinità.

La prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club e l’unica regola che Tyler pone al Narratore per vivere in casa sua è non rivelare mai a Marla nulla di lui. In pratica le due ‘creazioni’ messe in atto dall’individuo per sopravvivere sono sotto la regola del silenzio, che ne tutela l’irregolarità. L’uomo mantiene anche le apparenze di una vita normale di giorno, coltivando le sue aspirazioni ‘fuorilegge’ di notte. Il risultato è che piano piano la forma conforme inizia a sbiadire, andando nel panico.

Il panico è palese in due momenti che coinvolgono altri due membri del Fight Club: Bob, preferito della forma conforme, e Faccia d’Angelo, preferito della forma difforme. La forma conforme rimane scossa dalla morte di Bob, per colpa del Progetto Mayhem, evoluzione estrema del Fight Club che priva gli individui del nome e li spinge ad azioni contro la società. In seguito la stessa forma conforme, nel panico in quanto sempre più esclusa dai piani del Club, sostituita da Faccia d’Angelo, lo picchia brutalmente a un ritrovo, lasciandolo in fin di vita.

Oltre a mostrare il panico, i due episodi mettono anche in luce il fatto che le due forme appartengano alla stessa persona. Tyler distrugge Bob e quello che rappresentava, così come il Narratore distrugge Faccia d’Angelo perché <era una cosa bella>.

In ultima analisi la crisi nella crisi, cioè il panico della forma conforme nel momento in cui la forma difforme la sta completamente bloccando ed escludendo dalla vita dell’individuo, porta il Narratore a scoprire che Tyler è lui stesso. Da questa scoperta l’individuo teme innanzitutto per l’obiettivo finale del Progetto Mayhem, ovvero la distruzione notturna di tutte le banche per annullare i debiti e rendere liberi tutti gli uomini, ma soprattutto teme per Marla.

Potrei scrivere un pezzo solo su di lei e la sua visione delle cose, ma questo testo è già lungo così, quindi mi limito alla conclusione dal punto di vista di lui. Marla è la soluzione. La soluzione che l’uomo aveva già trovato, ma non aveva il coraggio di seguire. Forse per il carattere distruttivo che in Marla era molto esplicito, mentre in lui ancora nascosto. Con l’arrivo di Tyler, l’individuo ha la possibilità di abbattere il muro che lei aveva alzato, ma allo stesso tempo la rilega a una relazione strettamente sessuale, sostenendo di non essere interessato a lei più di così, rifuggendo un coinvolgimento ulteriore che lei invece ricerca.

Visto che alla fine stiamo parlando di un uomo solo, non è difficile capire che anche Tyler si ritrovi a temere Marla, nell’ottica in cui lei può ancora una volta mostrare l’inganno con cui lui cerca di sopravvivere. Ancora una volta si ripresenta il meccanismo di allontanarla, ma nel finale è lei la soluzione. Nella confusione, nel marasma, nel progetto Mayhem che si compie, i palazzi che esplodono, la parte conforme che si spara in testa pur di liberarsi della parte difforme, in tutto il disordine in cui l’uomo sconvolto e confuso si ritrova, Marla è lì. Alla fine ci sono solo loro, per mano, tra i frantumi del mondo. Mi piace credere che Palahniuk e Fincher la vedano così: se tutto è caos, ci salva solo trovare qualcuno da tenere per mano.

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